La poesia di Chiara Inesia Sampaolesi è intrisa di un intimismo ben espresso da quel “diario di un sogno strappato” che costituisce il sottotitolo della raccolta.
Sul filo del ricordo si intrecciano nelle liriche dell'autrice riflessi del passato - una speranza infranta, un “tatto negato” per dirla con le parole della Sampaolesi - che contraddistinguono testi scanditi dall'evocazione di un miraggio, una attesa mai appagata e mai sopita che si rinfocola nei versi di una poesia fortemente incentrata sull'io, protesa a cantarlo anche nella sua inaccessibilità.
Quella di Chiara Inesia Sampaolesi è una scrittura breve, asciutta, lineare ma rotta, scavata dal riverbero di una emozione dolorosa in cui turbina un prepotente desiderio di riscatto e di vita.
“Cocciuta e testarda insisto nel dubbio e nel tarlo non comprendo e non parlo strofe di vita e cammino ma implosa e scomposta rimango a sognare quel tempio e quel tempo d'amore (...)”: l'autrice scandaglia il proprio vissuto per ricomporlo attraverso “il dubbio” e il “tarlo” che mina ogni sua certezza ma le permette di riacciuffarsi con una consapevolezza critica e mite, in cui la forza del proprio percorso è mitigata da una scelta lessicale pudica e raffinata.
Chiara Inesia Sampaolesi utilizza un linguaggio classico, non concede spazio alla sperimentazione e alla ricerca, sottolineando maggiormente nei suoi testi un gusto antico del verso, teso ad affermare, come viene scritto nella quarta di copertina, “la deriva costante e impercettibile del ricordo, trainante alla ricerca del tempo che passa”.
Recensione a cura di Elisa Davoglio
Pubblicata su: Literary nr.1/2009
http://www.literary.it/dati/literary/davoglio_elisa/le_piume_del_fato.html
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